mercoledì 14 agosto 2019

INCULTURAZIONE




(Dal diario spirituale del 2003)

Paolo Cugini


Esistono diversi livelli di inculturazione. L’inculturazione dice di un’attenzione costante con coloro ai quali desidero annunciare il Vangelo. Il Vangelo stesso esige una continua attenzione di attualizzazione. Ciò vale per coloro che fanno parte di una comunità cristiana. Anche loro hanno il diritto e dovere di ricevere il Vangelo in un modo comprensibile alle loro orecchie, alla loro storia.
Il Vangelo è una Parola incarnata che vuole significare qualcosa di importante, per le persone che l’ascoltano. Chi annuncia il Vangelo, oltre a conoscere la Parola, deve conoscere la vita delle persone, della cultura, della storia di quel determinato popolo o gruppo sociale. Questa conoscenza non la si acquisisce solamente attraverso la storia, ma anche e soprattutto attraverso una condizione. Per annunciare la Parola fatta carne occorre toccare la “carne” di quella cultura, di quel gruppo sociale. L’inculturazione esige l’incarnazione. L’annuncio del Vangelo esige tutte e due.
C’è una discesa verso il basso che occorre essere disposti a compiere, ma costantemente ancorati a Gesù. C’è una discesa agli inferi che occorre compiere, ma aggrappati al cielo. Questa discesa agli inferi, questo abbassamento, questa umiliazione, questa approssimazione ad una realtà che ci è distante, richiede tempo. Vincere la tentazione della fretta. Confidare in Te, Signore. Fiducia nella tua disponibilità a donare tutto il tempo necessario affinché l’annuncio si compia come e quando vuoi Tu. Donaci, Signore, l’intelligenza per capire il modo, la strada che dovremo compiere in questo annuncio. Nel tempo apprendiamo i tuoi tempi, che sono diversi dai nostri. Nel tempo cercando il tuo Regno, procurando prima di tutto il Tuo volto, aprendo i Tuoi tempi, i Tuoi nascondimenti, il Tuo silenzio. Il cammino di inculturazione che è, allo stesso tempo, un cammino di incarnazione, richiede molto silenzio, perché il silenzio è il rumore del tempo di Dio. È nel silenzio che ascoltiamo la Tua voce che ci viene incontro nel tempo presente. Ciò avviene in qualsiasi luogo, a qualsiasi latitudine. Se non si percepisce è perché la diversità, invece di essere segno della Tua presenza, ci distrae, distratti da ciò che ci dovrebbe concentrare. La diversità culturale, religiosa, etica, è il luogo della manifestazione della Tua presenza, è il cammino che ci chiedi affinché possiamo uscire da una fede monocromatica. Liberaci, Signore, da questa schiavitù! Aiutaci a vedere nelle religioni, nelle culture, nelle razze, non dei nemici, ma dei fratelli, e delle sorelle. Apri il nostro cuore all’incontro con l’altro, l’altra- È questo incontro, infatti che ci apre un sentiero verso Te. È questo incontro che c’invita al Silenzio, all’ascolto. È in questo incontro con ciò che c’è di diverso da noi, che ci viene offerta la possibilità per entrare in noi stessi, per fare sintesi, cercare l’essenziale, quello che c’ identifica, il punto nodale, irrinunciabile dell’esistenza. L’altro allora, in questa prospettiva, invece di essere una minaccia è più che mai un dono, che possiamo solo accogliere.
L’altra cultura, razza, religione, ci viene incontro nel tempo: per questo non possiamo anticiparlo con dei progetti, delle teorie. L’ascolto, l’accoglienza, presuppone il tempo presente. L’altro percepisce la nostra distrazione. L’ anticipazione teorica e progettuale dell’altro, produce conflitto: l’altro non si sente ascoltato, accolto, percepisce una differenza, una distanza, un pregiudizio. Per vivere il tempo presente ci vuole esercizio. Paradossalmente, è difficile stare con i piedi nel tempo presente. Strutturalmente siamo portati a vivere nel futuro o nel passato: il presente è il grande assente.
 Rimanere in silenzio per attenderTi: vivere nella preghiera piena di fede e speranza, la Tua attesa. Forse non vieni in questo tempo terreno: senza dubbio ci sarai nel prossimo. Attendere significa, anche, sospendere la routine, le tradizioni, le cose che si devono fare per fare, oppure significa viverle in modo differente, dandogli, cioè l’importanza che meritano: poca. RicercandoTi nel tempo presente aspettando una Tua risposta sull’altro che ci hai mandato ad incontrare: il resto diventa relativo. Possiamo compierlo, farlo, eseguirlo, ma con distanza. Di fatto, le tradizioni umane, anche le più religiose possibili, sono pur sempre qualcosa di terreno, impastate di terra. A volte questa terra con il tempo, i secoli, diventa così dura, pesante da offuscare il dato divino, religioso, che vogliamo trasmettere. E allora, ci vuole molta attenzione. Soprattutto distanza.
 Silenzio e distanza, per capire, per ascoltarti, per percepire dove il Tuo Spirito sta soffiando. È chiaro che questa distanza dal dato tradizionale, questo prenderlo non troppo sul serio, con quella serietà rigida e austera che dovrebbe, provoca sconcerto. L’incarnazione significa anche questo aspetto di distanza. Cristo incarnandosi, facendosi carne, entrando nel tempo è pur sempre rimasto Dio. L’incarnazione non è una fusione: c’è sempre un aspetto di identità e distanza. L’incarnato, colui che si è fatto uomo, fratello, servo, amico, è pur sempre rimasto Dio. Per questo l’uscire a vedere gli inganni della tradizione è importante per riuscire a cogliere l’autenticità o l’inautenticità della tradizione.


1 commento:

  1. Le tue meditazioni offrono sempre un buon motivo di riflessione.Perdonerete la semplicità dei miei pensieri.
    Il silenzio è il rumore di Dio,del tempo di Dio,il silenzio se lo si attende e lo si cerca "costringe" ad ascoltare i tanti suoni,la polifonia delle diversità dei popoli e delle razze,vediamo la policromia delle varie umanità,delle diversità di credo e di culture.
    Come è bello e profondo pensare alla fede come a un dipinto dai vari colori e dalle varie sfumature
    e in mezzo al quadro il Signore con noi,o come a un concerto e in mezzo all'orchestra Lui,musicista in mezzo a noi e noi a sua immagine e somiglianza...Cristo incarnato ma non fuso.Cristo fatto carne pur non perdendo la sua divinità.
    Inculturazione vuol dire allora annunciare la buona novella cominciando da chi abita vicino a te o dove tu sei,scrivi di una attenzione costante verso coloro a cui porti il Vangelo,conoscere la storia delle persone e toccarne la carne,un pò come abbiamo provato ad imparare al CUM a Verona,camminando dove cammina l'altro,calpestando la stessa terra,conoscendo cosa sono i margini delle esistenze,andando alla sequela di Gesù,o al suo fianco,non davanti,stando...stando come le donne sotto la Croce dell'unico Salvatore.
    E'difficile farlo qui,più facile forse nei paesi poveri del mondo,anzi nei paesi impoveriti dove Dio viene cercato di più,
    qui invece nella nostra realtà,c'è bisogno di stare molto molto in silenzio per cercare Dio,il cammino è lungo




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