Omelia XXXI del Tempo ordinario Lc 19,1-10
Paolo Cugini
La narrazione del Vangelo di oggi è piuttosto inattuale.
Si parla, infatti, di un uomo in ricerca e questo dato è strano nel nostro
contesto culturale. È inattuale la ricerca di un senso che possa orientare la
vita, che possa offrire un orizzonte nel quale incanalare le proprie forze. È
inattuale perché il nuovo contesto postmoderno, come ci ha insegnato Zygmunt Bauman,
più che la ricerca, stimola lo schiacciamento sul presente. Se la ricerca di un
senso della vita indica un movimento interiore che spinge anche ad una ricerca
di luoghi e persone, gli stimoli che troviamo nell’attuale contesto culturale
conducono le persone in due direzioni. Da una parte, a sfruttare tutto ciò che
è possibile nel presente; dall’altra a cambiare velocemente situazione, quando
quella attuale è esaurita. Che cosa può dire, allora, la storia di Zaccheo
all’attuale situazione culturale? A mio avviso può dire qualcosa sul tema
dell’identità e dell’autenticità della vita.
La storia di Zaccheo fa riferimento, infatti, al tema
dell’identità che nell’epoca moderna, a partire da John Locke dal suo Saggio
sull’intelletto umano, chiama in causa la memoria. L’identità ha a che
vedere con le scelte fatte durante la storia personale, scelte che devono
essere in continuità con i punti di riferimenti presi dal soggetto.
L’insoddisfazione assieme al senso di colpa dicono di situazioni percepite come
incoerenti al quadro generale e che mettono in discussione l’identità
personale. L’insoddisfazione manifestata da Zaccheo, che provoca la ricerca di
qualcuno che lo possa aiutare, rivela un’identità ferita dal vuoto delle cose
materiali. È proprio lui ad affermarlo: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò
che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte
tanto». Non si dà via qualcosa d’importante. A Zaccheo, le cose che
possedeva, non gli bastavano più. Era un uomo ricco, ma infelice. Per questo
desidera vedere Gesù. Già questa mi sembra un’indicazione importante.
L’insoddisfazione percepita per la delusione di ciò che veniva dalla sua
ricchezza, lo conduce verso Gesù.
Apprendere ad ascoltare l’amarezza che
proviene dall’insoddisfazione è un primo passo importante, che può produrre un
cammino nuovo nella propria vita. Zaccheo insegna a non fuggire dalle proprie
frustrazioni riempiendo il vuoto esistenziale con la materia o, come viene
suggerito dall’attuale contesto culturale, a spostarsi velocemente in una nuova
situazione, ma a sopportare il dolore, lasciarlo parlare, smettere le maschere
dell’ipocrisia, per ascoltare ciò che il malessere esistenziale ha da
insegnarci. In questo cammino di ricerca, che è allo stesso tempo interiore ed
esteriore, Zaccheo comprende che non è solo: Gesù stesso lo vede e lo chiama. “Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi
subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse
pieno di gioia”. È la dimensione
trascendente della vita che, nel caso specifico di Zaccheo, viene scoperta
nella percezione che l’esistenza non può esaurirsi appena sul piano materiale.
Non c’è, allora, solamente l’uomo e la donna alla ricerca di Dio, ma Dio
stesso, come direbbe Abraham Joshua Heschel, è in una continua ricerca di noi.
È interessante notare come questo incontro tra Dio e l’uomo avviene in uno
spazio vuoto dell’anima, reso tale dalla materia. Tutto può contribuire a
condurci a Dio, anche le esperienze che in apparenza giudichiamo negative ma
che, se ascoltate, possono offrire indizi importanti per fare spazio al
mistero.
Zaccheo per essere visto da Gesù e incontrare il suo volto, ha avuto
bisogno di salire su un sicomoro. Forse il testo ci vuole suggerire che, ad un
certo punto del cammino, quando abbiamo già preso sul serio la nostra vita
ponendoci in ascolto delle frustrazioni incontrate in essa, abbiamo bisogno di
qualcuno che ci dia una mano, che ci aiuti a “salire” per incontrare lo sguardo
di Colui che può riempire di senso la nostra vita e, renderla così, più
autentica.
Dio è in una continua ricerca di noi,
RispondiEliminaci dimentichiamo che Dio anticipa la nostra ricerca di Lui,mette in atto delle strategie per l'incontro nel momento in cui noi suoi figli Gli facciamo un pò di spazio.
Grazie don Paolo che ce lo ricordi.
Teresa