sabato 2 febbraio 2019

LA SOLITUDINE DEL PROFETA (Mc 4, 21-30)





Paolo Cugini


Leggendo con attenzione il testo di Luca ci si accorge che Gesù, ad un certo punto, interrompe la lettura di Isaia 61, legge cioè solamente i prime tre versetti e, invece di continuare, si mette a sedere. Perché questa interruzione? Come mai non ha voluto continuare la lettura del testo che gli era stato affidato, ma si è messo a sedere? Sfogliando la pagina di Isaia 61 ci si accorge che del testo Gesù legge solamente i primi versetti che annunciano l’avvento del futuro Messia di amore e di liberazione per i poveri, a promulgare l’anno di misericordia, per allietare gli afflitti. Gesù si ferma e non legge i versetti successivi che dicono quello che il popolo d’Israele avrebbe voluto ascoltare, vale a dire, l’annuncio della vendetta di Dio contro i persecutori del popolo di Israele e l’annuncio dello splendore di Israele nei confronti degli altri popoli. No, Gesù, interrompendo la lettura, la interpreta, annunciando che il vero significato della presenza di Dio nella storia consiste nell’aiutare gli uomini e le donne a vivere con dignità il loro essere figli di Dio, chiamati all’amore e alla libertà. Niente più odi, ne guerre, né rancori, ma solamente amore e relazioni di pace, alla ricerca di quel cammino di uguaglianza che era nel progetto iniziale di Dio.

Perché gli ascoltatori rimangono sconvolti dalle parole di Gesù, che annunzia a tutti che queste parole di pace annunciate da Isaia si realizzano nella sua persona, definendo in questo modo la sua missione, il senso del suo essere nel mondo? Prima di tutto perché il suo discorso si distanza radicalmente da quella tradizione che vedeva il messia come un uomo forte, che avrebbe guidato un esercito contro gli oppressori. Ecco perché la gente rimane sbigottita al punto da porre interrogativi sulla paternità di Giuseppe. Il figlio Gesù, infatti, sembra proprio non assomigliargli per niente. Giuseppe, infatti, come tutti i bravi israeliti, conservava la tradizione dei padri e celebrava nella sinagoga il culto che, tra le altre cose, coltivava l’attesa paziente del messia liberatore potente. Non solo, ma oltre a non assomigliare pe nulla al padre, Gesù invece di starsene buono visto che il clima si era surriscaldato, rincara la dose citando due esempi che, nella storia d’Israele, erano stati estremamente negativi.

Il primo esempio riguarda il caso di Elia all’epoca della grande siccità che durò tre anni. Ebbene, Gesù ricorda che YHWH inviò Elia non ad una israelita, ma a una donna straniera in territorio straniero, una vedova a Sarepta di Sidone. L’altro esempio, sempre sulla stessa linea, ricorda che All’epoca di Eliseo fu purificato un lebbroso straniero e non un’israelita: Naaman il Siro. Questi esempi che Gesù cita non sono a caso, ma nella line di quello che ha espresso nell’interpretazione di Isaia 61, vale a dire che d’ora innanzi, il dono della salvezza è offerto a tutti e quindi vengono escluse una volta per sempre le separazioni, che fomentano gli odi, i culti fatti di sacrifici di animali che esigono la violenza. Gesù cita la vedova di Sarepta di Sidone e Naaman il Siro, per mostrare che questo annuncio di amore e salvezza universale fatto a tutti e tutte, era già preannunciato nelle scritture e, di conseguenza il suo discorso, lungi dall’essere una proposta campata per aira frutto dell’esaltato di turno, s’inserisce in verità in un’ antichissima tradizione veterotestamentaria testimoniata tra l’altro, da due profeti molto significativi nella storia d’Israele, vale a dire Elia e il suo successore Eliseo.

“Ma egli passando in mezzo a loro si mise in cammino” (Mc 4,30). Secondo alcuni esegeti, vale a dire studiosi di Sacra Scrittura, la resistenza del popolo che vuole uccidere Gesù e il suo passare in mezzo a loro per continuare il cammino verso Gerusalemme, anticipa la sua Resurrezione. Gesù è il profeta che non solo guarda al passato, come fa il popolo d’Israele, ma indica il cammino verso il futuro, mostrando come Dio crea sempre qualcosa di nuovo. Rimanere ancorati al passato è il modo specifico delle persone che si lasciano condurre dall’istinto di sopravvivenza, che quindi non si pongono in un atteggiamento di crescita spirituale ed esistenziale. Il particolare rapporto di Gesù con il Padre, relazione di amore e libertà, si scontra con la religione del tempio e del culto, incapace di vedere al di là dei propri interessi, di difesa dello status quo. Gesù come profeta solitario, che formerà una piccola comunità di discepoli e discepole e, attraverso questa comunità annuncerà il senso profondo della presenza di Dio nella storia, non fatta di precetti e di celebrazioni di riti obbligatori per controllare la propria giustizia personale e, in questo modo, mettendosi nella posizione di giudicare gli altri, ma di relazioni nuove autentiche, basate sulla libertà e l’amore, comunità di vita alla quale tutti e tutte sono invitati, senza esclusione di nessuno.

3 commenti:

  1. Bello e vero. Ma viene da chiedersi come mai i cristiani nonostante ciò abbiano continuato a essere come i farisei giudicanti. Gesù ha detto cose nuove ma è più facile seguire i precetti. L' uomo rimane uomo . Però qualcuno che ha il coraggio di leggere la profezia c'è ancora... è già qualcosa o forse molto.

    RispondiElimina
  2. Che bello un Dio che rompe i nostri schemi, che riparte dagli stranieri, dalle persone che si pensano lontane da lui, addirittura di altra religione...quanta strada dobbiamo fare dietro al Maestro per capire che il regno di Dio è già in mezzo a noi? Grazie don della profonda riflessione che apre a gesti concreti nel nostro quotidiano

    RispondiElimina
  3. "Ma Egli passando in mezzo a loro si mise in cammino"
    Per me è così strano e difficile da interpretare,Gesù passa in mezzo a chi lo vuole uccidere e nulla gli succede.
    Passando si mette in movimento verso qualcosa di nuovo che non rinnega il passato della sua terra,ma lo arricchisce con nuove illuminazioni e inclusioni date dall'Amore del Padre per tutti

    RispondiElimina