sabato 8 febbraio 2025

VI DOMENICA TEMPO ORDINARIO/C

 




Ger 17,5-8; Sale 1; 1Cor 15, 12.16-20;Lc 6,17.20-26



Paolo Cugini

 Riuscire a non turbare una liturgia della Parola come questa non è facile. Per commentare questa Parola in modo che penetri nel cuore delle persone con tutta la forza di cui Essa è costituita, è necessario camminare in modo molto coerente con il contenuto del testo. Perché il pericolo costante del predicatore è quello di diluire il contenuto della Parola secondo i propri limiti, cioè di non lasciare che la Parola dica quello che voleva dire, ma trascinarla dalla propria parte, giustificando così la propria mancanza di fede, l’incapacità di seguire Gesù con quella coerenza di vita che il Vangelo esige. In questo modo, non solo il predicatore non si converte, ma anche il popolo di Dio, soprattutto quello più debole nella fede, che non si sforza di informarsi leggendo e sfogliando il testo della Scrittura, ma si lascia trascinare dal discorso del predicatore. Infatti, di fronte alle Parole appena ascoltate, possiamo riflettere entrando in noi stessi e pensando: “Come mai gli uomini, le donne di fronte ad una Parola come questa, continuano a mantenere lo stesso sistema corrotto che si nutre di ignoranza e pigrizia? ".

 «Beati voi poveri, perché vostro è il Regno di Dio. Beati voi che ora avete fame... Beati voi che ora piangete... Beati voi quando gli uomini vi odieranno... a causa del Figlio dell'uomo (Lc 6,20s). 

Parole impressionanti che richiedono una pausa di riflessione. In realtà, queste sono parole che contraddicono ciò che viviamo quotidianamente, dove i poveri vengono sminuiti, umiliati e massacrati. I poveri soffrono, soprattutto, perché sono umiliati nella loro dignità: sono degradati, considerati come persone di seconda fascia. Ecco perché i poveri non si piacciono e spesso cercano di mascherare la propria condizione sociale, per sentirsi accolti come persone e non rifiutati come qualsiasi altro animale. È questa persona umiliata, calpestata nella sua dignità che Dio pone al suo fianco, come suo primo erede. Il padrone del Regno di Dio non sarà uno dei potenti di questo mondo, ma, al contrario, uno tra gli esclusi, gli affamati, gli assetati, cioè tutti coloro che, in questo mondo, hanno sperimentato disaccordi a causa dell'ingiustizia umana. Questo è l'altro lato della storia. Dal punto di vista di Dio, nessuno è povero perché lo ha voluto, né perché Dio lo ha voluto. Se ci sono tanti poveri, non è a causa del disegno di Dio, ma a causa della malvagità dell'uomo, che non si accontenta di ciò che ha, ma vuole sempre di più. La povertà non è solo un problema sociale che gli uomini non possono risolvere: è soprattutto un problema spirituale. È lo stesso profeta Geremia che, nella prima lettura, ci fornisce il materiale per comprendere il punto di vista di Dio:

Maledetto l'uomo che confida nell'uomo e fa consistere nella carne umana la sua forza (Ger 17,5).

Questo è il problema: una vita confidando nelle proprie forze, nella ricerca dell'autosufficienza, dell'autonomia, che porta lontano dalle vie di Dio. Un uomo così, una donna così, che confida solo in se stesso e guarda solo il proprio ombelico, è maledetto da Dio, perché i frutti che produce sono frutti di morte. Chi bada solo al proprio interesse non si preoccupa dei problemi dei fratelli e delle sorelle che Dio mette sul suo cammino.

È una vita egocentrica, alla continua ricerca del proprio interesse, del soddisfacimento del proprio egoismo che, di conseguenza, provoca situazioni di tremenda ingiustizia e disuguaglianza.. I problemi che affrontiamo ogni giorno sono problemi sociali che hanno un'origine spirituale, cioè, sono stati tutti generati da persone egoiste, che hanno fatto e continuano a fare di tutto per trarre il massimo dalle situazioni in cui si sono trovate. Di fronte a questa situazione travolgente, Gesù esprime l'opinione di Dio, che non resta né silenzioso né neutrale di fronte al massacro dei suoi figli e figlie, ma assume una posizione molto chiara che deve condurre i cristiani sulla stessa strada. Pertanto, di fronte a questa pagina chiarissima, che non ha nemmeno bisogno di spiegazioni, potremmo chiederci: chi stiamo adulando? Su chi contiamo nel nostro presente e nel nostro futuro? Cosa e chi stiamo cercando? Non ha senso parlare continuamente di Dio, entrare in chiesa ogni domenica, mangiare il Corpo di Cristo se poi, nella vita concreta di tutti i giorni, il Corpo di Cristo viene lasciato indietro, perché cerchiamo i favori dei politici corrotti del mondo ogni giorno. 

Guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione! (Lc 6,24).

Con una Parola forte e chiara come questa, non c’è bisogno di chiarire da che parte sta Dio. Sì, perché la verità è questa: Dio, in Gesù, ha preso posizione, ha chiarito una volta per tutte che la ricchezza è sinonimo di ingiustizia, che, se c'è povertà è perché qualcuno è troppo egoista e a Dio non piacciono gli egoisti. Inoltre, queste parole forti e chiare ci spingono a cercare la nostra consolazione non in ciò che perisce, come la ricchezza, il denaro, l'accumulo di terre, ma in ciò che è imperituro, che dura per sempre. Per questo siamo qui e vogliamo nutrire le nostre anime con queste Parole e con il Corpo di Cristo, per rifornire la nostra vita dell'amore di Dio che si è manifestato in Cristo, che si è spogliato di tutto per donarci la propria vita. La vita di Gesù è l'opposto dell'egoismo, la sua strada è dalla parte opposta dei ricchi di questo mondo, il suo atteggiamento dischiude il significato autentico della vita umana e indica la strada che deve essere seguita da tutta l'umanità: l'amore. Cristo, infatti, non è morto solo per se stesso, per un semplice destino, ma per darci un esempio (1Pt 1,4s), affinché, interiorizzando la sua vita e le sue Parole, sappiamo guardare il mondo come Dio lo guarda e come Dio lo vuole e, ricolmi del suo amore, riuscire ad affrontare gli arroganti di questo mondo, che in ogni momento non perdono l'occasione di ingannare gli uomini e le donne con le loro vuote promesse.

Rallegratevi in questo giorno ed esultate, perché la vostra ricompensa sarà grande nei ciel (Lc 6,23).

Il Vangelo è un balsamo per le nostre orecchie, una delizia per i nostri occhi: è un invito continuo a non perdersi mai d'animo, perché Cristo stesso ha già percorso questa strada. Sta a noi riempire il nostro tempo non con parole vuote, ma con quella Parola che dà senso alla nostra esistenza. Il Vangelo, da un lato, si presenta come una Parola dura, dall'altro indica la via verso la salvezza, che comporta un cambiamento radicale di vita. Chiediamo a Dio che questa Santa Eucaristia possa essere un passo avanti nella ricerca di uno stile di vita diverso, più umano ed evangelico.


mercoledì 5 febbraio 2025

L'IGNORANZA INVINCIBILE

 



Paolo Cugini

Non è costui il falegname, il figlio di Maria? (Mc 6,2). C’è una conoscenza religiosa che. Invece di avvicinare al Mistero, allontana. È quella conoscenza superficiale, assimilata nell’infanzia e mai approfondita che. Con il tempo, diviene mero ricordo, una nozione come tante, che crea solamente presunzione. È quel tipo di conoscenza che non permette la ricerca autentica e che, ad un certo punto distorce i contenuti. È il caso del brano in questione, quando gli interlocutori chiamano Gesù il: figlio di Maria. Affermazione strana, quasi offensiva, in un contesto patriarcale come era quello ebraico, in cui ogni figlio era riconosciuto come figlio del padre, perché era il padre che dava l’identità della parentela. Indicando Gesù come il figlio di Maria, si vuole alludere in modo sarcastico, che Gesù non era altro che un bastardo, la cui identità paterna era sconosciuta. 

C’è un implicito riferimento ad una diceria che si era diffusa già al tempo di Gesù e riportata dal filosofo Celso che diceva che, in realtà, Maria aveva avuta una relazione con un romano chiamato il Pantera. Ancora una volta: quando la conoscenza del Mistero rimane al livello delle nozioni ricevute nell’infanzia, e non accompagna lo sviluppo cognitivo personale, diventa fonte di falsità, capace di raccogliere e divulgare ogni forma di spazzatura nozionistica, pur di non compiere la fatica della ricerca personale. Contro questo tipo di persone non c’è nulla che si possa fare. Lo stesso Gesù non perde tempo con loro: E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità (Mc 6,5). 

Dinanzi alla durezza dei cuori e delle menti c’è poco da fare: bisogna andare altrove. C’è una forma di ignoranza radicale che cresce con il tempo, contro la quale non c’è argomento che tenga. 

sabato 1 febbraio 2025

PRIMA DOMENICA DI QUARESIMA/C

 




Lc 4,1-11

Paolo Cugini


La prima domenica di quaresima, in tutti e tre i cicli liturgici, inizia con la pagina delle tentazioni di Gesù. Per cogliere la profondità del messaggio contenuto in questa narrazione, dovremmo provare a contestualizzarla. Che cosa significa, allora, leggere questa pagina in un contesto post-cristiano? In che modo il paradigma post-teista ci può aiutare a cogliere contenuti nuovi? C’è tutta una lettura religiosa e devozionale che per secoli ha orientato l’interpretazione di questa pagina sottolineando gli aspetti penitenziali e sacrificali, come se la penitenza e il sacrificio fossero strumenti indispensabili per meritarsi la vita eterna. In realtà l’esperienza umana di Gesù narrata in questa pagina è svuotata di qualsiasi elemento religioso. Gli eventi, infatti, non si svolgono in una sinagoga, in uno spazio sacro, ma nel deserto, che potremmo definire un non-spazio, nel senso che non s’identifica con alcun spazio particolare. Quello che Gesù vive nel deserto è un’anticipazione di ciò che vivrà durante la sua vita pubblica. Gesù è un uomo che non è mai stato attratto da desideri di gloria umana, di potere. Gesù è un uomo la cui libertà gli ha permesso di non lasciarsi intrappolare dalla forza degli istinti, che ha sempre saputo orientare nel fine da lui stabilito. È questa, in sostanza, la proposta che emerge dalla pagina delle tentazioni e che ci viene rivolta all’inizio della quaresima, che è un cammino per cogliere con maggior consapevolezza il mistero della vita piena, che si è manifestata nelle scelte di Gesù. È possibile vivere in modo libero e realizzato la propria umanità, senza lasciarsi attrarre da quelle proposte che, alla distanza, provocherebbero delle schiavitù interne e esterne. C’è una possibilità di vita piena, realizzata nel dono libero e gratuito di sé, una vita buona e giusta che è divenuta visibile nella vita di Gesù e, per questo, alla portata di tutti e tutte. 

Il problema, a questo punto, è riuscire a cogliere il metodo che ha permesso a Gesù di vivere in questo modo libero e pienamente realizzato nell’amore e nella giustizia. Nella pagina in questione ci sono delle indicazioni che ci possono aiutare. Gesù rimase “nel deserto per quaranta giorni”: ecco il primo dato. Per riuscire a vivere in modo libero occorre dedicare molto tempo alla propria interiorità, per dirla alla Socrate, occorre curare la propria anima. È questo un compito alla portata di tutti e non è specifico delle persone religiose: tutti abbiamo una dimensione interiore. Il fatto che questa esperienza avviene nel deserto è un altro dato importante, perché ci dice, come affermavo sopra, che non avviene in un ambito religioso. “Non mangiò nulla in quei giorni”. Non si tratta di un’indicazione penitenziale, ma esistenziale. Chiunque ha dedicato periodi prolungati per la meditazione e per la cura interiore, sa molto bene che la vita sobria e l’attenzione a non esagerare nel cibo, aiuta il percorso spirituale di contatto con la propria coscienza. “Tentato dal diavolo”: possiamo tradurre questa espressione con la percezione che la forza degli istinti esercitano su di noi, soprattutto quando siamo immersi nelle preoccupazioni quotidiane, poco attenti alla vita interiore e, quindi, maggiormente vulnerabili sul piano esistenziale. 

C’è una possibilità di vita autentica che ci viene proposta all’inizio del cammino quaresimale. Per entrare in questo cammino dovremmo liberarci dalle incrostazioni religiose che, nei secoli, hanno identificato la quaresima con azioni penitenziali, perdendo l’orizzonte vero della quaresima, che è l’umanità di Gesù, la sua libertà, la sua vita di amore gratuito e disinteressato. Dedicare tempo a questo messaggio, assimilando ogni giorno le pagine di Vangelo proposte, significa coltivare il desiderio di essere persone nuove, più autentiche, proprio come Gesù. Il mondo ha bisogno più che mai di persone così. Approfittiamo, allora del tempo di quaresima per scrollarci di dosso la polvere della religione e indossare l’abito nuovo del Vangelo di Gesù.