mercoledì 24 luglio 2024

NON AVER PAURA

 



Ger 1, 1-10

Paolo Cugini

 

“Mi fu diretta la parola del Signore: “prima di formarti nel ventre materno io ti conoscevo, prima di uscire dal ventre di tua madre, ti ho consacrato e ti ho fatto profeta delle nazioni” (Ger 2). La scoperta della propria vocazione, dal punto di vista biblico, non è frutto dello sforzo personale, ma un dono di Dio, una venuta del Mistero che entra nella nostra vita: questo è il dato che ci viene comunicato in questa prima pagina di Geremia. Senza dubbio, per cogliere la presenza del Mistero nella nostra vita sono necessarie alcune condizioni previe e, prima di tutto, il desiderio di Lui, l’amore alla verità, la percezione che la vita materiale dipende da quella spirituale. La discesa o l’entrata del Mistero in noi avviene se c’è spazio. La vita spirituale nell’adolescenza e nella giovinezza ha, prima di tutto, la funzione di creare lo spazio affinché il Mistero si manifesti. La vita personale inizia a strutturarsi come identità quando cominciamo a rispondere all’appello del Mistero che si è manifestato e ha rivelato il senso della nostra vita.

Che cosa rivela il Mistero quando trova spazio nella coscienza personale? Una conoscenza che viene da molto lontano, cioè, la rivelazione che siamo nei pensieri del Mistero prima che il mondo fosse. È questo, senza dubbio, un dato sbalorditivo, incredibile. Siamo avvolti nel mistero dell’amore da sempre, prima che venissimo al mondo, come il testo di Geremia suggerisce. È un dato fondamentale perché ci comunica sicurezza e, allo stesso tempo, la forza per affrontare i drammi della vita. Un dato è, infatti, chiaro e cioè che, quando una persona si sente amata, quando una persona percepisce dentro di sé l’amore, sente la forza per affrontare qualsiasi situazione. Questo è ciò che capita a Geremia, che sarà chiamato ad essere profeta, ad annunziare la Parola di Dio in un contesto politico e sociale molto delicato e di grande ribellione nei confronti della prospettiva della storia della salvezza, così come si era configurata sino a quel momento.

In secondo luogo, quando il Mistero entra nell’orizzonte della nostra vita, ci rivela l’orizzonte della nostra esistenza. Viene al nostro incontro per chiamarci alla vita, orientarla. Geremia riceve la chiamata ad essere profeta, chiamata che si rivela inaspettata, fuori dai propri progetti e, per questo, Geremia da subito oppone resistenza, affermando la propria giovinezza per un compito così arduo e gravoso. “Ah, Signore Dio, non so parlare, sono molto giovane” (Ger 1,3). La forza della vita spirituale è tale quando ci rende disponibile a vivere la chiamata del Mistero, perché percepiamo che è Lui ad avere le chiavi del mistero della nostra vita. Le pagine del diario di questo giovane contenute nel libro di Geremia rivelano l’amore, la passione e lo sconvolgimento che questo incontro con il Mistero provocò nella sua vita. Sconvolgimento che lentamente, viene assimilato, fatto proprio al punto da definire l’identità di Geremia che, da quel momento in poi, sarà profeta di Israele.

Io ti ho costituito oggi su popoli e regni con il potere di estirpare e distruggere, devastare e demolir, costruire e piantare” (Ger 1,10). Le parole d’investitura del profeta Geremia ne rivelano il senso e la missione. È chiamato a ristrutturare il cammino di un popolo che si era perso. Potrà compiere questa missione di ricostruzione solamente dopo aver estirpato e distrutto tutto il male generato nel tempo della ribellione. In questa ardua missione, come sappiamo, Geremia incontrerà molta resistenza al punto da essere minacciato di morte. Tutta la forza e la missione di Geremia dovranno reggersi sulla promessa che il Mistero gli ha rivolto nel cuore: “Non aver paura di loro, perché sarò con te per difenderti” (Ger 1,9).

 

lunedì 22 luglio 2024

DONNA PERCHE' PIANGI?

 




Così dice la sposa:
«Sul mio letto, lungo la notte, ho cercato
l'amore dell'anima mia;
l'ho cercato, ma non l'ho trovato.
Mi alzerò e farò il giro della città
per le strade e per le piazze;
voglio cercare l'amore dell'anima mia.
L'ho cercato, ma non l'ho trovato
(Ct 3,1-2).

Vivere il rapporto con il mistero come una relazione d’amore, come la ricerca dell’amata: è questo che insegnano le parole del Cantico dei Cantici. È come se fosse un invito, tipicamente profetico, ad uscire dal formalismo, dall’identificazione del rapporto religioso con l’ambito cultuale. La verità che le parole del Cantico esprimono è che siamo avvolti dal Mistero, al punto da divenire il senso della nostra vita, da cercarlo con tutto il cuore. Cerco il tuo volto, dice il salmo, che fa eco alle parole ricolme di passione del Cantico: voglio cercare l’amore dell’anima mia. Perché cercare? Che cosa significa questo bisogno di ricerca? Indica un desiderio profondo che viene dall’anima, un desiderio che rivela un pensiero e, allo stesso tempo una necessità. Solo l’amore riempie il cuore e lo soddisfa pienamente al punto di non avere bisogno mai di nient’altro. Per questo la Sposa del Cantico cerca l’amore della sua anima.

 Le disse Gesù: «Donna, perché piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: «Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai posto e io andrò a prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico: Rabbunì! (Gv 20,11s).

Anche qui lo stesso tema: l’amore che provoca un movimento di ricerca dell’amato. Qui è Maria Maddalena che Cerca Gesù e, nel suo pianto, c’è tutta la sua disperazione per la sensazione di averlo perso per sempre con la sua morte in croce. L’amore, comunque, non si dà mai per vinto e sente la presenza dell’amato in qualsiasi circostanza. Per questo Maria Maddalena va al tumulo, perché sente la presenza del Signore. Che gioia incontenibile esprime quel: Rabbunì, pronunciato dove aver ascoltato la voce dell’amato pronunciare il proprio nome: Maria. Una voce che riempie il cuore d’amore, realizza la speranza, asciuga ogni lacrima.

mercoledì 17 luglio 2024

LE HAI RVELATE AI PICCOLI

 



Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza (Mt 11,25).

 Per comprendo i Tuoi misteri, Signore, ci inviti a percorre il cammino dei piccoli, dei discepoli e discepole che si dedicano totalmente a Te. Parole forti, richiesta incredibile perché controtendenza, contrastante con i messaggi che riceviamo ogni giorno, che ci spingono a grandi passi nell’altra strada, quella della visibilità, della ricerca della grandezza. Del resto, è il percorso che lo stesso Gesù ha fatto. È venuto in mezzo a noi in punta di piedi, in un posto poverissimo come la Galilea del suo tempo. Non ha mai chiesto per sé privilegi, ma ha vissuto in modo povero, condividendo la vita delle persone che incontrava. Non ha mai cercato la grandezza, il denaro, la gloria ma, al contrario, si è spogliato di tutto, ha condiviso tutto se stesso, fino all’ultimo.

Seguirlo, essere cristiano significa esattamente questo, percorrere il suo cammino. E allora viene spontaneo chiedersi: ma dove sono i cristiani oggi?

 

lunedì 15 luglio 2024

NON POSSO SOPPORTARE DELITTO E SOLENNITA'

 



Paolo Cugini

 

Smettete di presentare offerte inutili; l'incenso per me è un abominio, i noviluni, i sabati e le assemblee sacre: non posso sopportare delitto e solennità (Is 1,10s). Nelle parole di Isaia c’è tutto il disappunto per una liturgia che non serve a nulla, che non modifica il cuore, la mente, le intenzioni di chi vi partecipa. C’è una liturgia che non serve, che allontana da Dio: è questo il senso delle parole del profeta. A che cosa serve celebrare un culto religioso, cantare santo e alleluia se poi, nella pratica, le nostre azioni sono malvagie? È questo il senso delle parole del profeta Isaia. Ciò significa che, quando prepariamo una liturgia, dobbiamo pensarla in modo tale da permettere a chi vi partecipa di incontrare Dio e, in questo modo, di sentire il desiderio di cambiare vita, di lasciare i cammini del male, per fare spazio all’amore e alla vita che viene da Dio, che provoca la sete di giustizia e il desiderio di collaborare per la costruzione di un mondo di pace.

C’è tutta una liturgia che può provocare l’effetto opposto di quello che invece corrisponde alla sua autentica natura: può allontanare dalla proposta di Dio. E così, mentre frequentiamo i culti nelle chiese, pensando di fare una cosa buona, può infiltrarsi un meccanismo che provoca l’esatto contrario: la conferma nell’errore. Infatti, la frequenza al culto può essere un meccanismo per mettere a posto la coscienza, per sentirsi bene davanti a Dio.

Lavatevi, purificatevi, allontanate dai miei occhi il male delle vostre azioni. Cessate di fare il male, imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l'oppresso, rendete giustizia all'orfano, difendete la causa della vedova (Is 1, 16-17). La liturgia autentica, quella che, cioè, permette l’incontro con il Mistero, provoca il desiderio di una vita nuova, autentica e, per questo, il desiderio di togliere il male dalla propria esistenza e iniziare a fare il bene. Quando osserviamo che c’è del bene nella nostra vita, che c’è sete di giustizia, amore per i poveri, attenzione per coloro che sono in difficoltà è un segno chiaro che le liturgie a cui partecipiamo sono autentiche, perché hanno toccato il nostro cuore provocando un movimento di conversione.

sabato 13 luglio 2024

VIDI IL SIGNORE

 



Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato. Poi io udii la voce del Signore che diceva (Is 6,1.6). Isaia vede e ode la voce del Signore: che cosa significa? Che cosa vede e ascolta? Percezione di colui che vive un rapporto profondo con la sua coscienza in una ricerca autentica del senso della vita e delle cose, della presenza di qualcosa che è al di là dei puri dati materiali, la presenza del Mistero che trascendo il tempo e la storia. È possibile avere esperienze di questo tipo?

Credo che faccia parte delle possibilità umane, soprattutto di coloro che sono dediti alla meditazione, alla riflessione costante, di coloro che cercano il senso profondo della vita, in altre parole, che si trova all’interno di un cammino spirituale. Ebbene per tutti costoro è possibile percepire il Mistero, sentirne la sua presenza, sentirne la sua voce. Il profeta Isaia è senza dubbio uno di queste persone che viene da una profonda esperienza personale, un cercatore del Mistero che comunica con un linguaggio che non può che essere metaforico e simbolico, ciò che vede nell’intimo e sente.  

Sviluppare la sensibilità spirituale per uscire dalla pressione della pura materia è il compito quotidiana di ogni persona che non accetta la mediocrità della vita.

venerdì 12 luglio 2024

TORNATE AL SIGNORE

 




Paolo Cugini

Preparate le parole da dire e tornate al Signore; ditegli: «Togli ogni iniquità, accetta ciò che è bene: non offerta di tori immolati, ma la lode delle nostre labbra. Assur non ci salverà (Os 14, 2-3).

C’è nel cuore della persona religiosa, colei che sin dall’infanzia ha stabilito un rapporto con il Signore, il desiderio di conversione, di tornare indietro, di sistemare le cose che, con il tempo si sono modificate in senso negativo. Rivedere le proprie scelte fa parte del cammino di chi si è abituato ad ascoltare la propria coscienza e capisce quando è il momento di fermarsi, di fare il punto. Comprende quando il rapporto con il Mistero è divenuto formale, riempito da riti che servono solo a placare la coscienza, ma che non hanno un riflesso sulla vita quotidiana, quando il culto si è ridotto ad un mero movimento delle labbra e non scalda più il cuore.

È allora che sorgere il desiderio di un ritorno a casa, di una conversione che altro non è che tornare sui propri passi, nella consapevolezza che non si tratterà di un semplice ritorno al punto di partenza, perché nel frattempo la persona è cambiata, non è più la stessa. Tornare sul cammino del Mistero con la consapevolezza della novità che le scelte buone o cattive hanno apportato nella vita personale è di fondamentale importanza, per non correre il rischio di pensare che sia possibile ritornare al punto di partenza come se niente fosse.

 È questo un aspetto della maturità della vita adulta che percepisce la responsabilità delle proprie scelte e le assume ed è proprio a questo livello di presa di comprensione che iniziano a sparire i sensi di colpa e ad affiorare i primi sintomi di una libertà autentica, senza fingimenti e sotterfugi.