Meditazioni spirituali dal diario del
2003
Paolo Cugini
“La messe è molta ma gli operai sono
pochi” (Mt. 9,37).
La
messe fa riferimento al frutto che deve essere raccolto. Non è l’inizio, ma la
fine del lavoro. Gesù dice che mancano operai per questo lavoro conclusivo: che
cosa significa?
Nel
Vangelo di Matteo è descritta l’azione di Gesù in Parole (5-7) e opere (8-9).
Al termine di questo lavoro estenuante Gesù constata che mancano persone idonee
a raccogliere il frutto del suo lavoro. Senza dubbio la parola e l’azione di
Gesù hanno prodotto nei cuori degli ascoltatori frutti di conversione. Si
tratta ora di raccogliere questi frutti, rafforzando la fede di coloro che sono
stati stimolati dall’annuncio della Parola, incoraggiandoli a continuare, e
così via. Ciò significa che, senza ombra di dubbio, chi sta seminando nelle
coscienze è venuto dal Verbo è il Signore, è lo Spirito Santo: ciò è fuori
discussione. Ciò che agli occhi di Gesù sta mancando è qualcuno capace di
raccogliere questo grande frutto: la messe è grande. Il fatto che la messe è
grande significa anche che il seme della Parola non è qualcosa di esclusivo, ma
agisce in qualsiasi persona che rimane attenta all’annuncio.
Per
questo Gesù chiama i suoi discepoli e li manda a raccogliere. Non può essere
qualsiasi persona a raccogliere questi frutti: deve essere un discepolo mandato
da Gesù.
Discepolo
è colui che ha fatto una scelta, che si è deciso di seguire Gesù con tutto se
stesso, che ha abbandonato il proprio passato per stare con il Signore. In
secondo luogo deve essere mandato: il Padre invia Gesù, Gesù invia i discepoli,
la chiesa invia i ministri. Il fatto che Gesù invia dice che Lui stesso fa una
scelta. In Luca Gesù sceglie tra settantadue e ne manda dodici. Ci deve essere
un cammino di discernimento. C’è un cammino di discernimento che Gesù compie
con i suoi discepoli, per capire che può assumere questo compito di raccogliere
la messe. E poi Gesù inizia: ciò significa che l’azione missionaria è una
risposta ad un mandato, e non è una mia libera iniziativa. Perché è così
importante questo aspetto? Perché se ricevo un mandato, devo inseguito mostrare
il lavoro che sono inviato a compiere. Quando non c’è discernimento, quando non
c’è un mandato effettivo il lavoro di evangelizzazione diventa a servizio del
mio orgoglio e del mio egoismo. E così quando non mi soddisfa più lascio stare.
Nel mandato Gesù consegna dei compiti ben specifici. C’è
in primo luogo una direzione da prendere. Non si annuncia il Vangelo a qualsiasi
persona. In primo luogo ci sono i dispersi della casa di Israele. Attualizzando
il versetto si può dire che, è necessario rivolgersi prima di tutto ai
battezzati dispersi. In secondo luogo c’è una serie di elementi da tenere in
considerazione; “Curate gli ammalati, risuscitate i morti, purificati i
lebbrosi, espulsate i demoni”.
È
un rapporto autentico con la vita che il discepolo è mandato a instaurare. Ciò
che gli è chiesto è sgombrare il terreno da ciò che rende difficile lo
sbocciare, il crescere della vita. È chiaro che se vedo qui soprattutto il
senso spirituale. Malattia, morte, lebbra, demoni indica quelle situazioni
esistenziali che non permettono alla Parola di Dio di crescere. Qui diventa
evidente che non può essere qualsiasi persona a incontrare questa realtà. Il
discepolo inviato a mietere è messo in contatto con una realtà impastata di
peccato, di morte, di perdizione. Ci vuole allora molta fede, molta forza
interiore. È necessario un legame fortissimo con Dio: per questo il mandato. Il
mandato dice di un cammino che c’è stato, un rapporto che si è consolidato,
delle rinunce che sono avvenute, delle scelte fatte. Il mandato dice di una
vita nuova che è stata accolta e che ora è inviata a contatto con una realtà di
peccato, di morte.