mercoledì 20 novembre 2024

IO, GIOVANNI, VIDI

 





Paolo Cugini 


Io, Giovanni, vidi: ecco, una porta era aperta nel cielo. La voce, che prima avevo udito parlarmi come una tromba, diceva: «Sali quassù, ti mostrerò le cose che devono accadere in seguito (Ap 4,1). 

È interessante questo “vedere” di Giovanni, che lo pone in linea con le visioni dei profeti. Che cosa significa questo vedere? In primo luogo, rivela un’anima aperta verso il Mistero. Non tutti, infatti, sono in grado di vedere al di là dei dati materiali, al di là del presente. Solo una coscienza abituata a cercare il senso delle cose riesce a penetrare al di là del tempo, a vedere quello che umanamente è impossibile vedere, perché l’anima è intorbidita dai residui istintuali, che ne bloccano lo slancio in avanti. In secondo luogo, il vedere di Giovanni dice della relazione di amore con il Maestro, Gesù. Del resto nel Vangelo, Giovanni è chiamato il discepolo amato. Giovanni vede il Maestro ovunque Lui si trovi: lo ama così tanto che non ci sono barriere che tengano. Ci sono amori tossici, che chiudono gli individui in circoli chiusi e angoscianti, al punto da provocare la rottura con le relazioni parentali e amicali, giungendo al soffocamento interno; ed esistono amori che aprono il respiro all’infinito, che accendono luci, che aprono ponti. È questo l’amore che provoca Gesù in coloro che lo incontrano con il cuore aperto e disponibile al cammino con Lui. Un amore non soffocante e protettivo allo sfinimento, ma un amore che, per chi l’accoglie, diventa cammino di libertà, di possibilità infinita. Un amore, dunque, quello di Gesù e per Lui, che non chiude lo sguardo piegandolo sul proprio ombelico, ma lo rivolge al futuro permettendogli di vedere cose straordinarie e, soprattutto, di percepire la dimensione eterna della propria vocazione alla vita. Quello che Giovanni vede e comunica nella pagine del libro dell’Apocalisse è il cammino dell’amore, che tutti siamo invitati a percorrere. 


sabato 9 novembre 2024

XXXIII DOMENICA TEMPO COMUNE B

 




Dn 12,1-3; Sal 16; Eb 10, 11-14.18; Mc 13,24-32



Paolo Cugini


Ci avviciniamo alla fine dell'anno liturgico e le letture ci offrono la possibilità di fare un bilancio del cammino di fede di quest'anno. Il Signore deve diventare sempre più il nostro rifugio, la nostra eredità, il nostro destino, come ci ricorda il Salmo 16, che proclameremo. Forse, non tutto questo è frutto del nostro pellegrinaggio, ma deve essere presente almeno lo sforzo di mettere il Signore e il suo disegno d'amore al centro dei nostri desideri. Solo così potremo guardare al nostro passato non con l'orgogliosa rigidità che ci porta a detestare noi stessi, a causa della nostra incapacità di seguire il Signore, ma con quello sguardo misericordioso che è frutto dello Spirito Santo, che dona pazienza e, allo stesso tempo, una grande forza per continuare il cammino. E questo è ciò che conta.

 «Allora vedrete il Figlio dell'uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria» (Mc 13,26).

La pagina del Vangelo di oggi è una di quelle che più facilmente vengono fraintese. Quante volte abbiamo ascoltato sermoni che, basandosi su questi versetti, proclamano la fine del mondo, la morte di tutti, provocando negli ascoltatori sentimenti di panico e disagio. In realtà, questi versetti, letti con il desiderio di penetrare i misteri del Regno di Dio, più che suscitare curiosità malsane, rivelano una Parola piena di conforto e di speranza. Dio non vuole gettare nel panico nessuno; al contrario, esprime tutto affinché nessuno vada perduto (cfr Gv 17). Per le persone che amano il Signore, che hanno goduto e assaporato la Parola di Dio per tutta la vita, che si sono sforzate di partecipare alla realizzazione del Suo Regno, non c'è niente di meglio che sapere che il Figlio dell'Uomo verrà con grande potenza e gloria. Il suo arrivo non è motivo di stupore, ma di grande gioia. Inoltre, la sua potenza e la sua gloria indicano un’indicibile pienezza di vita. Non si tratta, infatti, del potere e della gloria umana che, per manifestarsi, sopprime gli altri. La gloria di Dio si è manifestata in Gesù che, affinché potessimo avere la vita eterna, si è lasciato massacrare. È da questa vita che vogliamo rifornire la nostra anima, affinché anche noi possiamo dare la vita ai nostri amici, che il Signore metterà sul nostro cammino. La potenza del Signore non è fatta di armi che uccidono, ma di una Parola che dona la vita. Il Vangelo, infatti, è la forza di Dio «per la salvezza di chiunque crede» (Rm 1,16). Se la potenza e la Gloria di Dio manifestano la qualità della Sua vita, nella Sua Parola e nel Suo modo di essere, che senso hanno i cataclismi che il Vangelo annuncia come manifestazioni esterne di questo evento?

Ancora una volta, chi si accosta alla Parola di Dio in modo materiale e istintivo, non potrà raggiungere la profondità del messaggio di Gesù. Infatti, con queste espressioni di carattere apocalittico, Gesù unisce le grandi predicazioni profetiche dei secoli passati nella storia di Israele, predicazioni che si preoccupavano di ammonire il popolo a non allontanarsi dalla via della Legge, con il desiderio di vedere il popolo di Dio appassionato del proprio Creatore e non perso nel fango del peccato, come purtroppo spesso è accaduto. È da questo sfondo apocalittico di carattere profetico che Gesù usa per avvisare i suoi “Eletti” della sua futura venuta. Niente, dunque, di così sorprendente e terrificante, come molti ancora oggi amano presentare il messaggio di Gesù che, al contrario, è pieno di comprensione e di misericordia verso di noi. Inoltre, vale la pena notare che Gesù non ha mai fatto la testa a nessuno e non ha mai spaventato nessuno inducendolo a seguirlo. Al contrario, la sua unica arma era una proposta libera, basata sul dialogo e sulla testimonianza personale.

 «Egli manderà gli angeli ai quattro angoli della terra e radunerà gli eletti di Dio da un'estremità all'altra della terra» (Mc 13,27).

Per Dio siamo noi gli eletti che vuole proteggere da ogni pericolo, per questo invierà gli angeli ai quattro angoli della terra per venirci a prendere. Eletto è ogni uomo, ogni donna che risponde alla chiamata di Dio proposta da Gesù nello Spirito Santo, con una vita dignitosa e senza peccato (cfr Ef 1,1-15). Ciò significa che queste parole spesso presentate come “stupefacenti” sono in realtà un invito implicito di Gesù a prendere più sul serio la sua Parola, il nostro Battesimo, affinché possiamo vivere sempre con Lui, insieme al Padre e allo Spirito Santo, perché non ci lasciamo confondere dalle parole deboli del mondo, dalle sue proposte illusorie, e così camminiamo sempre con fermezza, con lo sguardo fisso su Cristo, che è morto e ha dato la sua vita per noi. Così ci ricorda oggi la lettera agli Ebrei: «Cristo, dopo aver offerto un solo sacrificio per i peccati, si è seduto alla destra di Dio per sempre. Non gli resta altra scelta che attendere che i suoi nemici siano messi sotto i suoi piedi» (Eb 10,12-13).

 Non è qualcosa di fantastico sapere che Gesù ci aspetta? Ha creato il cammino dell’amore affinché tutti potessimo percorrerlo con più determinazione. È un'attesa non rassegnata, ma piena di speranza, perché il Verbo di Dio si è fatto uomo e ha sperimentato in una carne come la nostra non il peccato, ma le sue conseguenze. Possiamo, dunque, ora fidarci della sua proposta, della sua Parola, accogliere il suo Spirito, per affrontare con coraggio il cammino della luce in questo mondo di tenebre, nella certezza che, con il tempo, impareremo a vivere nella luce. È Lui, infatti, che ha sconfitto le tenebre e solo accogliendo la sua luce possiamo vivere come figli della luce (cfr Ef 3).


«Le mie parole non passeranno» (Mc 13,31).

Solo chi si metterà umilmente sulle orme del Signore, lasciandosi guidare dallo Spirito, potrà assaporare la verità di questo stupendo versetto. L'Eucaristia di questa XXXII domenica dell'anno B ci aiuti a scoprire il mistero dell'eternità della Parola di Dio.


lunedì 28 ottobre 2024

COME UN FARO NEL BUIO - Preghiera in Canto

 






Presentazione:

Francesco Venturini e Gloria Bedocchi sono, rispettivamente, un bancario e una farmacista, due amici che hanno sempre condiviso, oltre ai valori della Fede Cristiana, una grandissima passione per la musica, rispettivamente lui come autore di testi e lei come compositrice (in passato, ha fatto parte come cantante di diversi cori polifonici).

Durante un periodo della vita per loro non facile, hanno deciso di provare a coltivare la loro Fede Cristiana in modo ancora più attivo e, facendo leva sulla loro passione per la musica, è nata così il loro canto “Come un faro nel buio” (successivamente anche approvato dall’Ufficio Liturgico Diocesano dell’Arcidiocesi di Bologna), un canto con cui hanno voluto rendere grazie al Signore, che ha sempre per loro rappresentato una guida sicura per seguire per la giusta via da percorrere.

 

Come un faro nel buio

(testo di Francesco Venturini, melodia di Gloria Bedocchi, elaborazione e armonizzazione di Alessandra Mazzanti)

 
A Te, Signore, ci rivolgiamo,

con tutto il cuore noi Ti chiediamo

di perdonare i nostri peccati,

e grazie a Te saremo salvati…

 

Rit.

Come un faro nel buio sei per noi, Signore,

che ci illumina sempre nelle notti più oscure…

Quando noi Ti preghiamo vieni con la Tua luce

a indicarci la strada e a donarci la pace…

 

La Tua Parola è fonte di vita

di verità e di gioia infinita…

A chi la osserva Tu sei vicino,

In ogni istante lungo il cammino…

 

Sei Tu la sola via da seguire,

che non dobbiamo mai abbandonare…

Senza di Te noi siamo perduti:

vaghiamo disperati e smarriti…

 

martedì 22 ottobre 2024

SIATE PRONTI

 



Paolo Cugini

 

Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese (Lc 12,35).

Il senso di un cammino di fede: non addormentarsi, ma rimanere svegli, attenti. Ciò significa che un autentico cammino spirituale aiuta la persona a mantenere lo sguardo sull’obiettivo della propria vita, in altre parole, su Gesù Cristo. Ci addormentiamo quando ci facciamo prendere da altri obiettivi, quando ci lasciamo trasportare dall’apparenza, da ciò che colpisce i nostri sensi, ci adagiamo su ciò che arriva a noi in modo immediato e non lottiamo, ma ci lasciamo sopraffare. In questo modo ci addormentiamo, ci dimentichiamo chi siamo e da dove veniamo e, il grande rischio, è perdere la nostra identità, distruggere la nostra esistenza.

Essere pronti significa mantenere la nostra coscienza sveglia in modo tale da percepire i pericoli ed essere pronta ad intervenire, a tagliare dov’è necessario, prendere provvedimenti, in altre parole, mantenere sempre nelle mani le redini della propria vita per impedire ad altri di farlo. Questo è il grande lavoro della vita spirituale, un cammino quotidiano di viaggio nell’anima, con lo strumento del Vangelo per interiorizzare una Parola che Parla al cuore e orienta il nostro cammino nell’amore, nella giustizia e nella pace.

Il sonno spirituale è il sintomo di un abbandono, di un cedimento nella lotta quotidiana, di un adagiamento nei confronti di ciò che colpisce i sensi. Dormiamo quando, ad un certo punto della vita, abbassiamo la guardia, pensiamo che ormai niente può distarci e, mentre pensiamo in questo modo, veniamo sopraffatti, portati via, addormentati.

Lampade accese, allora, e vesti ben strette per orientare il nostro passo nella strada scelta, camminando con lo sguardo fisso verso l’unico Signore della nostra vita: Gesù Cristo.

 

lunedì 21 ottobre 2024

ARRICCHIRE PRESSO DIO

 



 

Paolo Cugini

 

Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede (Lc 12,14).

Difficile da vivere questo consiglio per chi vive nell’abbondanza. Chi nasce nell’abbondanza ed è abituato ad uno stile di vita per cui basta pochissimo per fare ciò che vuole è difficile che abbracci uno stile sobrio che conduca alla condivisione. La vita non dipende da ciò che si possiede: è questo il messaggio del Vangelo, che invita a impostare la propria vita su ciò che dà senso autentico all’esistenza. Il rischio di una vita impostata sui beni materiali è quello di perdere di vista il bene autentico. Infatti, nella parabola raccontata subito dopo queste parole, l’uomo ricco che fa di tutto per godersi i propri beni è considerato uno stolto. È condannata quella ricchezza finalizzata solamente al bene di e stessi e che non s’interessa del prossimo. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio». Lc 12,21).

Arricchire per Dio è il cammino proposto. Che cosa significa questa espressione? Arricchire per Dio significa orientare la propria vita nel Vangelo, seguire le sue parole, fare ciò che lui dice. È, dunque, l’indicazione di un cammino spirituale, l’indicazione di una priorità, per dire che la materia se non è fondata sullo spirito è morta. La ricchezza deve trovare un senso, non può essere fondata su se stessa, per soddisfare solamente il ricco. Vale ciò che è condiviso.

Per questo anche il ricco deve imparare a mettersi in cammino verso il Mistero per dare un senso alla propria vita e ai suoi beni.

 

domenica 6 ottobre 2024

XXVIIa DOMENICA

 



(Gn 2,18-24; Sal 127; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16)

 

Imparare a riconoscere lo stile di Gesù è importante per una lettura e una comprensione di quello che dice e realizza nelle strade della Palestina. Non si tratta, infatti, d’interpretare parole o detti, ma di cogliere l’essenza del suo modo di fare, che rivela un modo di pensare e, soprattutto, un modo nuovo di stare al mondo. Ogni frase e ogni azione di Gesù vanno collocati all’interno del suo modo di pensare estremamente coerente. La logica dell’amore che viene declinata da una parte dalla misericordia a trecentosessanta gradi nei confronti di tutti e di chiunque e, dall’altra, dalla fame e sete di giustizia che lo conduce sempre e comunque dalla parte dei poveri e degli esclusi, è l’essenza del pensiero di Gesù, vera chiave di lettura delle sue scelte e delle sue decisioni. Queste considerazioni inziali sono importanti per cogliere in profondità il testo di oggi.

 alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova.

Nel Vangelo di Luca in cui si narrano i quaranta giorni che Gesù trascorse nel deserto prima d’iniziare l’attività pubblica, Satana viene presentato come il tentatore, colui che cerca di mettere alla prova la fedeltà di Gesù al Padre. Ebbene, l’evangelista marco introduce il brano con un riferimento e questa situazione esistenziale, affermando che i farisei si avvicinarono a Gesù per metterlo alla prova. Siamo al capitolo dieci e ormai il conflitto tra Gesù e i farisei si sta consumando. I farisei sono coloro che osservano tutti i dettami della legge e per questo si separano (fariseo significa proprio questo: seprato) dal resto del popolo e non accettano che una persona come Gesù, che si fa passare da Maestro, interpreti i dettami di Mosè in modo così liberale. Per questo intendono smascherarlo in mezzo al popolo con una delle questioni più chiare della legislazione mosaica, vale a dire il tema del ripudio della donna. Mentre Gesù parla di Dio come Padre che manifesta il suo amore per tutti, per i farisei Dio è potere e le sue leggi servono a loro per esercitare un potere oppressivo sugli uomini.

domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?».

Interessante osservare il metodo di procedere di Gesù che, prima di rispondere direttamente, procede con una domanda agli interlocutori per permettere loro di esporre il problema e la soluzione. In questo modo Gesù si fa consegnare dagli interlocutori il materiale su cui imbastire il dialogo. Altra osservazione importante è sulla domanda di Gesù. Non dice: che cosa ci ha ordinato, ma che cosa vi ha ordinato. In questo modo Gesù prende le distanze da una legislazione che, a suo modo di vedere, non deriva dal Padre, ma sono legge di uomini, modellate sulla cultura patriarcale. Infatti, il caso in questione, vale a dire, la possibilità di ripudiare la propria moglie, è tutto a favore degli uomini, mentre le mogli sono considerate alla stregua di cose di appartenenza al marito e, per questo, possono essere ripudiate senza troppi scrupoli. Il testo che i farisei citano è preso dal libro del Deuteronomio al capitolo 24. Lo stesso precetto viene ripreso dal Talmud, che contiene i commenti più prestigiosi dei rabbini alla legge mosaica, il quale sostiene che: “la donna può essere ripudiata lo voglia o no”, ma la donna non può ripudiare il marito. Rabbi Hillel, che era il rabbino più seguito al tempo di Gesù, sosteneva che l’uomo poteva ripudiare la moglie per qualsiasi motivo. Gesù è venuto a portare sulla terra il Vangelo dell’uguaglianza tra uomo e donna, e i farisei vogliono fargli ammettere che c’è un’eccezione a questo suo insegnamento, eccezione a favore degli uomini. La risposta di Gesù è impressionante:

«Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall'inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto».

Per Gesù la legge scritta non riflette sempre la volontà del Padre e quindi non ha valore duraturo; per Gesù non tutto quello che è scritto nella legge ha autorità divina, perché si tratta a volte d’interpolazioni umane. Quando nella Bibbia si trovano affermazioni che esaltano una parte a scapito di un’altra, soprattutto se la parte lesa è indifesa o una minoranza allora significa che non è volontà di Dio, ma intromissione degli uomini, una manipolazione della cultura patriarcale. Ecco perché Gesù, nella sua risposta, non si rifà a Mosè, ma al piano del creatore, andando, dunque, all’origine della questione. All’epoca di Gesù non era più come era stato pensato all’inizio della creazione, come una scelta libera, ma erano i genitori che decidevano e stabilivano il matrimonio dei due.

Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l'uomo non divida quello che Dio ha congiunto.

Quando si è due si può dividere, ma quando si è uno non si può dividere, altrimenti diventa una mutilazione.

 «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».

Mentre nella legge mosaica e nel Talmud il tema del matrimonio era trattato solamente dal punto di vista dell’uomo, Gesù lo amplia prendendo anche in considerazione il punto di vista della donna. Gesù si pone sempre dal lato dei più deboli, delle vittime delle situazioni. 

mercoledì 25 settembre 2024

LA BELLEZZA CHE SALVA

 




 

Paolo Cugini

 

In quel tempo, Gesù convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi (Lc 9,1).

Come punto di partenza, c’è un giudizio negativo sul mondo, la società degli uomini e delle donne. C’è la lettura di un mondo avvolto dal male e malato e, per questo, Gesù dà potere ai dodici sui demoni e di guarire. C’è, dunque nel Vangelo, una visione antropologica negativa, che motiva l’azione redentrice di Cristo. C’è un mondo indemoniato che dev’essere esorcizzato e il Vangelo non passa e non penetra in un mondo in preda al demonio, che annichila l’essere umano e lo rende schiavo di se stesso. Discepolo, discepola, allora, è colui e colei che entra in un cammino di liberazione dal male, dalle forze del male, da tutto ciò che ferisce la dignità umana e la abbruttisce. Gesù è venuto mostrando la bellezza dell’essere figli di Dio, della libertà dei figli, che vivono senza sotterfugi, senza voler ingannare il prossimo, ma nella trasparenza e nell’autenticità.

Gesù ha mostrato la bellezza della vita, che attrae tutti coloro che sono in cammino verso l’autenticità e si rendono conto che da soli non riescono a scrollarsi di dosso la forza del male che devasta l’umanità, imbruttisce l’essere umano, lo schiavizza.

È la bellezza di Gesù che salverà il modo.

 

martedì 24 settembre 2024

MIA MADRE E MIEI FRATELLI

 




Paolo Cugini

 

Mia madre e miei fratelli sono questi: coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica (Lc 8,21).

La sequela a Gesù conduce verso una nuova umanità, a nuove relazioni. C’è un passaggio significativo che la sequela produce in coloro che vivono ciò che ascoltano: una nuova famiglia. È questo che Gesù sperimenta nella relazione con i suoi discepoli e discepole e che indica anche per coloro che, in ogni tempo e in ogni epoca si mettono in cammino ascoltando la sua Parola. È questo un dato molto significativo, perché rivela la verità comunitaria della sequela a Gesù, che inizia in una relazione personale, per entrare in una nuova umanità, all’interno di dinamismi relazionali non determinati dal sangue o dalla razza, ma dalle modalità che sorgono dal vivere la Parola di Gesù.

Questo dovrebbe essere il senso di una comunità cristiana, vale a dire, il segno nel mondo di una possibilità nuova di vivere le relazioni umane, non più segnate da determinismi di sangue, ma fondate sulla relazione con la parola di Gesù. Si tratta, dunque, di un cammino di uscita da un modo naturale di vivere le relazioni umane, per uno entrare all’interno di uno stile nuovo, tutto da scoprire e da sperimentare.

 

lunedì 23 settembre 2024

VITA COME LAMPADA

 


Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la mette sotto un letto, ma la pone su un candelabro, perché chi entra veda la luce. (Lc 8,16).

A che lampada si riferisce Gesù? Probabilmente alla lampada della Parola di Dio e il riferimento sono le parole del salmo che dice: Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino (Sal 118,105). Gesù sta dicendo alla folla che, quando accendiamo con la lampada della Parola di Dio la nostra vita, non può essere nascosta, perché brilla, fa luce con un’intensità tanto grande da non passare inosservata. Per questo, diventa importante a come ascoltiamo la Parola, alla sua comprensione, Per non rischiare di ascoltare una Parola che poi rimane lettera morta, nel senso che non produce nessuna scelta. Illumina, infatti, quella Parola che, ascoltata in profondità, genera un livello di comprensione tale da modificare i criteri abituali di scelta, inserendone nuovi.

 È a questo livello che le nostre azioni umane assumono un significato tale da brillare, da fare luce, nel senso che diventa visibile una provenienza non umana dei criteri adottati. Fate attenzione, dunque, a come ascoltate (Lc 8,18): il segreto della vita spirituale sembra essere tutto qua, vale a dire, lo spostamento di accento che conduce la persona dalla pratica religiosa attenta alla forma, alla quantità di riti, all’attenzione alla qualità della relazione con il Mistero, che esige una concentrazione, una libertà interiore tale da permettere alla Parola d’incontrare spazio per poter generare qualcosa di nuovo con noi e attraverso di noi. 

mercoledì 28 agosto 2024

SEPOLCRI IMBIANCATI

 




 

Paolo Cugini

 

Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità (Mt 23, 27-28).

 Versetti pesantissimi come, del resto, tutto il capitolo 23 di Matteo. Gesù colpisce duramente il modo di fare dei farisei ma, più in generale, colpisce in modo durissimo l’atteggiamento religioso. Qual è il cuore della religione? È la ricerca dell’apparenza per salvare la propria mediocrità, per non dovere cambiare e continuare la propria vita. Gesù entra nel cuore della questione.

C’è una religione che allontana da Dio, perché invece di produrre un cammino di conversione interiore, si muove alla ricerca di garantire se stessi, di proteggersi da Dio e dalla sua Parola. La verità dell’uomo religioso, smascherata da Gesù in questa durissima invettiva, è che non vuole cambiare, vuole rimanere così e, in questo modo, usa letteralmente la religione per darsi un tono, per apparire quello che non è. I gesti che compie la persona religiosa sono pura esteriorità, sono parole che escono dalla bocca, ma che non provengono dal cuore.

Era questa, del resto, l’accusa che i profeti facevano al popolo d’Israele e, soprattutto ai capi religiosi, che avevano portato alla distruzione il popolo proprio perché invece d’insegnare la Parola di Dio insegnavano le loro tradizioni. C’è tutto un percorso religioso che serve per imbiancare l’esterno e mantenere inalterato l’interno: è il cammino dell’ipocrisia e dell’inautenticità. Gesù, invece, è venuto per liberarci dalla falsa religione per divenire persone autentiche.